venerdì 31 maggio 2013

Camouflage

La mimetizzazione è diventata una parte essenziale delle moderne tattiche militari grazie all'aumento in precisione e rateo di fuoco delle armi alla fine del diciannovesimo secolo. Nonostante il comprovato valore della mimetizzazione, fino al ventesimo secolo, gli eserciti tendevano ad usare colori accesi e vistosi. Questi dovevano avere la funzione di spaventare il nemico, facilitare la coesione delle unità e aumentarne l'identificazione in caso di scarso visibilità, nonché evitare il fuoco amico.
Quando gli scontri a fuoco richiesero un maggiore accorgimento sotto questo punto di vista, cominciarono a comparire i primi esempi di mimetizzazione.
Le mimetiche color "khaki" diventarono di uso standard sia per l'esercito britannico che per il "British Indian Army".

Lieutenant-General Arthur Percival con mimetica Khaki Drill

Questo però non avvenne per l'intero esercito britannico sino al 1902 con la Seconda Guerra Boera.

Esercito inglese durante la Seconda Guerra Boera
Anche l'esercito degli Stati Uniti cambio le uniformi nello stesso colore di quelle britanniche lo stesso anno. L'esercito italiano usò la mimetica "Grigio-Verde" nei reparti alpini dal 1906 e nel resto dell'esercito dal 1909 in poi.

Mimetica italiana



Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, la Francia era l'unica super potenza ad usare ancora vistose uniformi tradizionali.

Tralasciando la storia della mimetizzazione, la ricerca di colori sintetici ha dato via all'industria chimica per i colori. Molto spesso, i materiali usati, non erano degradabili e quindi molto inquinanti. Sto parlando dei composti azotati.
Struttura della purina, eterocliclo aromatico
ad anelli condensati precursore delle
basi azotate adenina e guanina.

Questa branca della chimica non fu importante solo per i colori sintetici, ma anche per la creazione di concimi  ed esplosivi. 

Per quanto riguarda i concimi:
"Per le piante l'azoto è un elemento essenziale. Mediamente più di un sesto delle proteine della pianta è costituito da azoto. È inoltre presente nella Clorofilla, negli acidi nucleici, nei glucosidi e negli alcaloidi.

Il livello produttivo della coltura è primariamente condizionato dalla disponibilità d'azoto nel suolo. Esso stimola l'accrescimento delle piante e determina una presenza abbondante di clorofilla nelle foglie.

Nella forma nitrica viene assorbito velocemente dalle piante e i risultati sono visibili a breve termine. Tuttavia ha il grave difetto di presentare un'elevata dilavabilità, raggiunge cioè molto velocemente gli strati più profondi del terreno, diventando inutilizzabile ed andando ad inquinare la falda acquifera.

La carenza d'azoto provoca accorciamento del ciclo biologico della pianta, clorosi fogliare, crescita lenta e stentata, produzioni basse. L'eccesso d'azoto provoca squilibri nel ciclo biologico della pianta, scarsa lignificazione dei tessuti, con conseguente predisposizione ad avversità soprattutto parassitarie, eccessivo rigoglio vegetativo con consumi idrici più intensi, accumulo di nitrati nelle foglie; inoltre, come accennato precedentemente, l'eccesso di azoto nel terreno aumenta il rischio d'inquinamento delle falde acquifere."

 Per quanto riguarda gli esplosivi non si può non parlare della nitroglicerina. Fu sintetizzata dall'italiano Ascanio Sobrero.

Ascanio Sobrero
Sull'esplosivo:
"La nitroglicerina a temperatura ambiente è un liquido oleoso da incolore a giallo (quando è poco pura) che si decompone facilmente diventando instabile (deve essere distrutta), detonando verso i 200 °C. Alla temperatura di 13 °C congela diventando estremamente pericolosa, i cristalli al suo interno diventando sottili come aghi si spezzano facilmente (anche toccando la provetta) dando così il via all'esplosione; quindi è consigliabile lasciare che si scongeli da sola senza avvicinarsi.
È assai instabile: quindi per motivi di sicurezza non è mai usata pura, né trasportata, ma sempre mescolata con sostanze stabilizzanti e costituisce la base delle varie dinamiti.
La nitroglicerina, a piccolissime dosi (dell'ordine del milligrammo), è usata nella terapia dell'angina pectoris in virtù del suo effettocoronarodilatatore e venodilatatore.
Lo scopritore della nitroglicerina fu Ascanio Sobrero, che nel 1847 in Italia ripeté l'esperimento della sintesi di nitrocellulosa (che era stato effettuato, senza successo, nel 1845 dal chimico tedesco Christian Friedrich Schönbein) mise due gocce, questa volta di glicerina, in una provetta e la riscaldò, ma la piccola esplosione che ne scaturì durante l'esperimento danneggiò il laboratorio, così decise di interrompere gli esperimenti e non volle più saperne. Successivamente Sobrero riprese gli studi degli acidi e nel 1847 riuscì nella sintesi.
Sobrero, per esibire agli altri scienziati la consistenza della nitroglicerina, ne poneva una goccia su di un'incudine e la batteva con un martello, mostrando che questo, per lo scoppio, veniva lanciato via.

Nel 1867, Alfred Nobel scoprì che la nitroglicerina, miscelata con la farina fossile, avrebbe trasformato il liquido in una pasta che poteva essere plasmata in canne di dimensioni e forma idonea per l'inserimento nei fori di perforazione. Nel 1867 ha brevettato il materiale sotto il nome di dinamite. Quest'ultima è stata utilizzata in usi bellici, nelle cave, per demolizioni, e altro di consimile."

Per chi fosse interessato ad approfondire la storia delle mimetiche, propongo questo documento


lunedì 27 maggio 2013

L'uomo e il soldato

Fra i suggerimenti del Professor Marchis, quello che recita: "Find a personality who can become the testimonial of the blog theme", lo ritengo in assoluto il più arduo.
Certamente ci sono moltissimi nomi che hanno a che fare con la guerra, lo stesso Emilio Lussu ne è un vivido esempio. Il mio problema è stato trovare qualcuno migliore di un personaggio fittizio che molti conoscono. Alla fine ho deciso di parlare proprio di Lui. Sto parlando di Big Boss, uno dei personaggi principali della saga di videogiochi "Metal Gear", creata da Hideo Kojima.

Big Boss
Per chiunque pensi che la mia sia stata una scelta infelice, solo perché Big Boss è un personaggio di un videogioco, non posso fare altro che invitarlo a giocare ai titoli in questione con mente aperta e senza pregiudizi, in quanto molti giochi, ma questa saga in particolare, nascondono una profondità che molti altri mezzi di intrattenimento non possono raggiungere.
Per chi non lo conoscesse, Big Boss, il cui vero nome è John, è un soldato che ha combattuto innumerevoli battaglie. Addestrato dal soldato leggendario "The Boss", che fu per lui mentore e madre, il cui rapporto fu più profondo che quello fra uomo e donna, in una missione gli venne ordinato di ucciderla. 

The Boss e Big Boss
Dopo un travaglio interiore, che continuerà anche negli anni a venire, porta a termine la missione, e da allora viene conosciuto come Big Boss (precedentemente era conosciuto come Naked Snake).
Tralasciando, con mio sommo dispiacere, parti successive della sua vita (che vengono narrate in vari giochi quali Metal Gear Solid: Portable Ops e Metal Gear Solid: Peace Walker), passo direttamente al motivo chiave che mi ha portato a questa scelta. 

Big Boss è un soldato. Lo è sempre stato. Sarà a capo di un vasto esercito mercenario, con il quale sventerà molte catastrofi, come ad esempio lo scoppio di un nuovo conflitto di scala mondiale. Sarà un esempio per tutti i suoi soldati, la quale lealtà verso di lui sarà assoluta. Ma non è solo questo: anche la sua lealtà verso i suoi uomini sarà assoluta. Come un vero comandante, vedrà dietro ognuno di loro un uomo.
In guerra morire e uccidere sono atti normalissimi. I soldati si uccidono fra di loro, e sparando al nemico vedono solo un altro soldato. Ma uccidere un uomo è tutt'altra cosa. Quando finisce l'uomo e quando comincia il soldato?

A pag. 136 di "Un anno sull'Altipiano" Lussu racconta:

"Io facevo la guerra fin dall'inizio  Far la guerra, per anni, significa acquistare abitudini e mentalità di guerra. Questa caccia grossa fra uomini non era molto dissimile dall'altra caccia grossa. Io non vedevo un uomo. Vedevo solamente il nemico. Dopo tante attese, tante pattuglie, tanto sonno perduto, egli passava al varco. La caccia era ben riuscita. Macchinalmente, senza un pensiero, senza una volontà precisa, ma così, solo per istinto, afferrai il fucile del caporale. Egli me lo abbandonò e io me ne impadronii. Se fossimo stati per terra, come altre notti, stesi dietro il cespuglio, è probabile che avrei tirato immediatamente, senza perdere un secondo di tempo. Ma ero in ginocchio, nel fosso scavato, ed il cespuglio mi stava di fronte come una difesa di tiro a segno. Ero come in un poligono e mi potevo prendere tutte le comodità per puntare. Poggiai bene i gomiti a terra, e cominciai a puntare.L’ufficiale austriaco accese una sigaretta. Ora egli fumava. Quella sigaretta creò un rapporto improvviso fra lui e me. Appena ne vidi il fumo, anch'io sentii il bisogno di fumare. Questo mio desiderio mi fece pensare che anch'io avevo delle sigarette. Fu un attimo. Il mio atto del puntare, ch'era automatico, divenne ragionato. Dovetti pensare che puntavo, e che puntavo contro qualcuno. L’indice che toccava il grilletto allentò la pressione. Pensavo. Ero obbligato a pensare.Certo, facevo coscientemente la Guerra e la giustificavo moralmente e politicamente. La mia coscienza di uomo e di cittadino non erano in conflitto con i miei doveri militari. La guerra era, per me, una dura necessità, terribile certo, ma alla quale ubbidivo, come ad una delle tante necessità, ingrate ma inevitabili, della vita. 
[…] 
Perché non avrei, ora, tirato io sull'ufficiale  Avevo il dovere di tirare. Sentivo che ne avevo il dovere. Se non avessi sentito che quello era un dovere, sarebbe stato mostruoso che io continuassi a fare la guerra e a farla fare agli altri. No, non v’era dubbio, io avevo il dovere di tirare.E intanto, non tiravo.
[…] 
Bastava che premessi il grilletto: egli sarebbe stramazzato al suolo. Questa certezza che la sua vita dipendesse dalla mia volontà, mi rese esitante. Avevo di fronte un uomo. Un uomo!Un uomo!Ne distinguevo gli occhi e i tratti del viso. La luce dell'alba si faceva più chiara ed il sole si annunziava dietro la cima dei monti. Tirare così, a pochi passi, su un uomo... come su un cinghiale! Cominciai a pensare che, forse, non avrei tirato. Pensavo. Condurre all'assalto cento uomini, o mille, contro centro altri o altri mille è una cosa. Prendere un uomo, staccarlo dal resto degli uomini e poi dire: <Ecco, sta' fermo, io ti sparo, io t'uccido> è un'altra. È assolutamente un'altra cosa, Fare la guerra è una cosa, uccidere un uomo è un'altra cosa. Uccidere un uomo, così, è assassinare un uomo.
Avevo il fucile poggiato, per terra, infilato nel cespuglio. Il caporale si stringeva al mio fianco. Gli porsi il calcio del fucile e gli dissi, a fior di labbra:- Sai... così... un uomo solo... io non sparo. Tu, vuoi?Il caporale prese il calcio del fucile e mi rispose:- Neppure io."

mercoledì 22 maggio 2013

martedì 21 maggio 2013

Arte e storia della cartografia

Come molte sanno, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, gli stati europei avevano formato grandi alleanze, come possiamo vedere in questa mappa:



Inutile aggiungere quanto la cartografia, sopratutto in tempi di guerra, sia fondamentale. La mia collega Chiara Colucci, nel suo blog "La guerra e le sue tecniche" ha parlato molto esaustivamente del tema della cartografia in tempo di guerra, soffermandosi anche sul loro utilizzo come strumento di indottrinamento e coinvolgimento psicologico delle masse, il quale esempio può essere:

Un chiaro manifesto anti-Giapponese in lingua olandese stampato a Londra nel 1944.

Un riferimento alla cartografia lo si può trovare anche in "Un anno sull'Altipiano". Il riferimento lo possiamo trovare a pag. 27, quando Emilio Lussu, avendo parlato con un tenente colonnello circa la strategia da seguire, decide di tornare dal suo reggimento:

"La conversazione mi era interessante, ma la notte si avvicinava ed io non volevo rifare il cammino al buio. Avevo aperto una carta topografica e mi sforzavo di orientarla.
[...]
Poi, abbandonando l'osservatorio e con tono canzonatorio:
- Non si affidi alle carte. Altrimenti non ritroverà più il suo reggimento. Creda a me che sono un vecchio ufficiale di carriera. Ho fatto tutta la campagna d'Africa. Ad Adua abbiamo perduto, perchè avevamo qualche carta. Perciò siamo andati a finire ad ovest invece di andare ad est.Qualcosa come se si attaccasse Venezia invece di Verona. Le carte, in montagna, sono intelligibili solo per quelli che conoscono la regione, per esservi nati o vissuti. Ma quelli che conoscono già il terreno non hanno bisogno di carte."

Alla fine Lussu si perse davvero... 

Ma cos'è una mappa?
Secondo Merriam:
"A map is a graphic representation or scale model of spatial concepts. It is a means for conveying geographic information. Maps are a universal medium for communication, easily understood and appreciated by most people, regardless of language or culture. Incorporated in a map is the understanding that it is a "snapshot" of an idea, a single picture, a selection of concepts from a constantly changing database of geographic information"E ancora.."Old maps provide much information about what was known in times past, as well as the philosophy and cultural basis of the map, which were often much different from modern cartography. Maps are one means by which scientists distribute their ideas and pass them on to future generations"(Merriam, D.F. 1996. Kansas 19th century geologic maps. Kansas Academy of Science, Transactions 99:95-114. )


La cartografia è l'arte e la scienza di disegnare mappe. La più antica a memoria d'uomo risale al 2300 a.C. Il concetto di Terra sferica era già ben conosciuto dai filosofi Greci al tempo di Aristotele. La cartografia greca e romana ha conosciuto il suo punto più alto con "Clauduis Ptolemaeus" (Ptolemy, circa 85-165 d.C.). La sua "mappa del Mondo" comprende il la parte di globo conosciuta sino ad allora, che va dai 60°N ai 30°S di latitudine.


Scrisse anche un'opera monumentale, "Geographike hyphygesis", ossia guida alla geografia.

Da allora il concetto di mappa non si è evoluto molto, ma la precisione di queste ultime senza dubbio. Adesso possiamo contare su GPS e immagini del globo prese dai satelliti, ma è molto interessante informarsi di più sulla storia della cartografia.




mercoledì 15 maggio 2013

Il cibo in "Un anno sull'Altipiano"

In molte occasioni il cibo fa capolino tra le pagine di questo libro. Con mia sorpresa, però, si trovano molti più riferimenti al liquore, quale il cognac, piuttosto che al cibo vero e proprio.
Uno dei tanti riferimenti lo troviamo a pag. 38:

"Il colonnello si alzò. Il suo viso pallido si illuminò di un sorriso. Da un mucchio di carte, tirò fuori un libro. Me lo agitò di fronte agli occhi e mi chiese:
-Che libro è? Indovini. Che libro?
-Il regolamento sul servizio in guerra, - dissi io, senza convinzione, cercando di leggerne il titolo.
-Io, il servizio in guerra! Ma lei è matto. Indovini dunque.
Capii che si trattava di un libro attuale, in rapporto alla sua predilezione.
-Bacco in Toscana,- dissi.
-No, ma si avvicina.
-Anacreonte.
-No.
Io cercavo un altro nome di illustre bevitore. Il tenente colonnello mi mise la testata sotto gli occhi. Io lessi: L'arte di prepararsi i liquori da se stessi.-Capirà, - spiegò. - Con questa maledetta guerra in montagna, non possiamo trasportare con noi neppure due bottiglie. Così, io posso prepararne quante ne voglio. Lo so, c'è una bella differenza fra l'alcool distillato e quello in polvere. Ma meglio così che niente.
-Arte rara, - dissi io.
-Rara, - ripeté il colonnello. - Mi creda, vale l'arte della guerra.
A Monte Fior, il combattimento infuriava."

Ben lungi dalle situazioni che, a mio modesto parere credo tutti, ci siamo immaginati sin da bambini, studiando la Grande Guerra, il ritratto che l'autore ci trasmette è quello di comandanti ubriachi, incapaci di comandare. Dalle pagine di questo libro si evince quanto l'alcool, per molti soldati, sia stato il vero, e forse, unico carburante per quella tremenda guerra.

lunedì 13 maggio 2013

"Un anno sull'Altipiano" di Emilio Lussu


Scritto nel 1936 e pubblicato da Einaudi nel 1945, questo libro è una delle maggiori opere della letteratura sulla Grande Guerra.
"L'Altipiano è quello dell'Asiago, l'anno dal giugno 1916 al luglio 1917. Un anno di continui assalti a trincee inespugnabili, di battaglie assurde volute da comandanti imbevuti di retorica patriottica e di vanità, di episodi spesso tragici e talvolta grotteschi, attraverso i quali la guerra viene rivelata nella sua dura realtà di <<ozio e sangue>>, di <<fango e cognac>>."
Questo è il libro che userò come "test rig". Lo analizzerò negli aspetti che mi interessano, quali, ad esempio, il tipo di razioni usate, le nuove tecniche di guerra dovute ad un tipo totalmente nuovo di armi e a ciò che i soldati si aspettano che verrà dopo la guerra.