domenica 9 giugno 2013

L'inevitabilità della guerra e l'illusione della pace

Nel XXV capitolo de "Un Anno sull'Altipiano" degli ufficiali discutono su di un "ammutinamento" avvenuto qualche ora prima e velocemente represso.
Uno di essi in particolare si trova in disaccordo con quanto detto, mostrando il suo odio verso quella guerra, con frasi come:
OTTOLENGHI: "Ufficiale o soldato, io sono sempre obbligato a fare il militare. E poiché non vi è scampo, la guerra io preferisco farla da ufficiale."
AVELLINI: Tu hai prestato giuramento, come ufficiale. O le cose che tu dici, non le dici sul serio, oppure il giuramento che hai prestato non è serio.
OTTOLENGHI: Ben inteso, non è serio. Da ufficiale o da soldato è giocoforza giurare, sia con giuramente individuale o collettivo. Se io non giuro da ufficiale, debbo giurare come soldato. Ed è lo stesso. Le leggi del nostro paese non dispensano che i cardinali e i vescovi dal servizio militare. Il giuramento non è che una formalità alla quale siamo costretti dal servizio militare obbligatorio.
[...]
OTTOLENGHI: Oseresti sostenermi che, se mi prende con la forza contro ogni mia volontà, con le armi alla mano, e mi si impone di giurare, io i disonoro, se giuro con il proposito di non osservare il giuramento?
Dopo che l'ufficiale Ottolenghi ha illustrato la sua idea di combattere contro il potere e marciare fino a Roma:
COMANDANTE DELLA 10: Se tu farai marciare l'esercito a Roma, credi tu che l'esercito tedesco e quello austriaco resteranno fermi in trincea? O credi che, per far piacere al nostro governo del popolo, i tedeschi rientreranno a Berlino e gli austro-ungarici a Vienna e a Budapest? [...] Se non ci fossimo opposti agli imperi centrali, oggi, in Italia e in Europa, marceremmo tutti a passo d'oca e a suon di tamburi.
[...]
Le ragioni ideali che ci hanno spinto alla guerra son venute forse a mancare perché la guerra è una strage? Se noi siamo convinti che dobbiamo batterci, i nostri sacrifici sono compensati. Certo, noi siamo tutti stanchi e i soldati ce lo hanno proclamato ad alta voce oggi. Ciò è umano. A un certo punto, ci si scoraggia, si pensa solo a noi stessi. L'istinto di conservazione ha il sopravvento. E la maggior parte vorrebbe veder finita questa guerra, finita in qualsiasi modo, perché la sua fine significa la sicurezza della nostra vita fisica. Ma, è ciò sufficiente a giustificare il nostro desiderio? Se così fosse, un pugno di briganti non ci avrebbe perennemente in suo arbitrio, impunemente, solo perché noi abbiamo paura della strage? Che ne sarebbe della civiltà del mondo, se l'ingiusta violenza si potesse sempre imporre senza resistenza?
Da questo scambio di battute si possono scorgere diversi temi interessanti. Uno fra tutti la leva obbligatoria. I soldati erano letteralmente costretti alla vita militare, abbandonando tutti gli affetti. A lungo si potrebbe discutere su i pro e i contro di una leva obbligatoria. Ma ciò che maggiormente mi preme è l'obbligatorietà della guerra. Come afferma il Comandante della 10, certe volte bisogna andare in guerra, per "difendere la moralità delle proprie idee, anche a rischio della vita".
Se siamo costretti a scendere in guerra per difendere i propri ideali, ciò in cui si crede, e ancor di più le persone che amiamo, si può davvero dire che la guerra sia evitabile? Per rispondere a tale domanda si dovrebbe scavare a fondo nell'animo degli essere umani, chiedersi perché tali azioni sono state necessarie, perché qualcuno ha messo in pericolo la "pace"? E ancora, perché queste dispute si tentano di risolvere ancora oggi sul campo di battaglia?
Queste domande non sono di facile risposta. Persino la pace sopraggiunge soltanto dopo un periodo di guerra. Il primo testo nella storia riguardante un trattato di pace è il Trattato di Qadeš, stipulato tra egiziani e ittiti, dopo la conclusione di un sanguinoso conflitto che non si era potuto risolvere sul campo di battaglia in quanto i due eserciti si eguagliavano in numero e in abilità.
Detto questo, rimane da chiedersi se una pace eterna possa veramente esistere e, se la risposta fosse positiva, a che prezzo la si otterrebbe.

Nel videogioco "Metal Gear Solid: Peace Walker" si parla molto di questo tema.
Fra i personaggi principali troviamo Paz (letteralmente traducibile in "pace") che dirà , nella parte finale del gioco:

"When all is said and done, peace is nothing but a fantasy! A game's a game! You either win, or you lose! All you can do is fight!"

Paz's title card in Peace Walker


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